I TAROCCHI COME CHIAVE DELLA CONOSCENZA

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Chi portò i tarocchi al di là del semplice gioco e della predizione della sorte fu l’occultista Eliphas Lévi. I suoi studi sui tarocchi divennero da subito vera e propria Bibbia per gli esoteristi di tutto il mondo. Secondo Lévi i tarocchi contengono un profondo e nascosto simbolismo: un sapere celato nella simbologia delle carte.

La Dottrina di Lévi

I tarocchi – ispiratori di tutti i libri sacri dei popoli antichi – sono la sintesi massima dei principi di una vastissima e consolidata tradizione esoterica: sono la vera chiave della conoscenza.

I 22 arcani maggiori dei tarocchi sono infatti corrispondenti alle 22 lettere dell’alfabeto ebraico ed ai 22 sentieri dell’albero della Cabbala; sono un catalizzatore in cui si ritrovano le tradizioni ed i principi di astrologia, scienze segrete, e discipline iniziatiche e sacerdotali. Secondo Lévi i tarocchi sono quindi “il più perfetto strumento” per la comprensione dell’inintelligibile.

Estratto da “Dogme et Rituel de la Haute Magie”
(“Dogma e Rituale dell’Alta Magia”)
di Eliphas Lévi

Siamo arrivati alla fine della nostra opera, ed è qui che dobbiamo darne la chiave universale e dire l’ultima parola.

La chiave universale delle arti magiche, è la chiave di tutti gli antichi dogmi religiosi, la chiave della Kabbala e della Bibbia, la clavicola di Salomone.

Ora, questa clavicola o piccola chiave, che da secoli si credeva perduta, noi l’abbiamo ritrovata, e abbiamo potuto aprire tutte le tombe dell’antico mondo, far parlare i morti, rivedere in tutto il loro splendore i monumenti del passato, comprendere gli enigmi di tutte le sfingi e penetrare in tutti i santuari.

L’uso di questa chiave, presso gli antichi, non era permesso che ai soli sommi sacerdoti, e il segreto non era confidato nemmeno all’elite degli iniziati. Ora, ecco quello che era questa chiave:

Era un alfabeto geroglifico e numerale esprimente tramite segni e numeri una serie d’idee universali e assolute.Quando il sommo sacerdozio cessò in Israele, quando l’arca fu perduta, il santuario profanato e il tempio distrutto, i misteri dell’ephod e del teraphim, che non erano più tracciati sull’oro e le pietre preziose, furono scritti o meglio raffigurati da alcuni saggi cabalisti sull’avorio, sulla pergamena, sul cuoio argentato e dorato, e infine su delle semplici carte. Nacquero così i tarocchi.

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