L’astrologo come consigliere

Astrologo come consigliere

La figura dell’astrologo come consigliere di re e imperatori si fa sempre più strada, riprendendo quel legame, che era già stato espresso nell’antichità; come Augusto, Tiberio, Nerone, Vespasiano e Marco Aurelio avevano avuto i loro astrologi, così Federico II ospita nella sua corte Michele Scoto, mentre il padre di Cristin de Pizan, Tommaso da Pizzano diverrà astrologo di Carlo V. Ancora Giudo Bonatti offrì la sua scienza di divinazione oroscopale a Guido da Montefeltro ed ebbe tanto credito, che il signore di Foligno non intraprendeva una campagna militare prima che l’astrologo dall’alto del suo luogo di osservazione, che era il campanile della città, non segnalasse il momento giusto con i rintocchi di campana.

In Italia tra medioevo e rinascimento vennero create delle rappresentazioni monumentali dello Zodiaco e gli stessi dei planetari cominciarono a figurare spesso nei contesti architettonici più vari, civili e religiosi.

Esistevano nell’antichità esempi leggendari di edifici astronomico – astrologici come il palazzo di vetro del prefetto Cromazio sotto l’impero di Diocleziano, a cui si lega una storia, che mette in evidenza il rapporto cristianesimo e astrologia. Lo stesso San Sebastiano induce Cromazio a distruggere l’edificio, dove era contenuta tutta la disciplina delle stelle.

E comunque il mondo occidentale conosceva attraverso Dimasqui, autore di una cosmografia, le cui redazioni da noi conosciute risalgono al XIV secolo, l’esistenza di templi astrologici tra i Sabei, popolo siriano, i cui si ufficiava la religione Harranita imperniata sul culto degli dei pianeti e delle costellazioni e intrisa di elementi greci. Di questi culti di immagini astrologiche ne parla anche un suo contemporaneo Masu’ udi.

Questa particolare religione, che poteva considerarsi una sopravvivenza del paganesimo siriano, resistette a lungo alla dominazione islamica; altra fonte era il testo harranita Gajat al-hakim, dove per esempio sono indicati i caratteri formali degli spiriti astrali anche in relazione al colore. Questi testi in effetti descrivono una iconologia astrologica, che verrà a diffondersi nel mondo occidentale a partire dal dodicesimo secolo. Il modello iconologico, di cui il popolo harranita era erede, conteneva in se già un interessante mescolanza tra l’astrologia greca ed orientale risalente al sincretismo, che si era realizzato all’interno di regni di confine come quello Sassanide.

Nell’occidente comunque erano anche note le rappresentazioni zodiacali dei bagni greci riprese in età araba a Quasai’r Amra. Quest’ultimo modello zodiacale può avere ispirato cicli pittorici come quello della cappella dei Pazzi a Santa Croce in Firenze, che riproduce il cielo così come era nel 6 luglio 1439 e la sacrestia vecchia a San Lorenzo, che è un oroscopo per la data 9 luglio 1422.

Anche gli dei presentano spesso in Italia una iconografia ispirata a testi arabi come il Qazwini: li troviamo ad esempio nel Campanile di Giotto di Santa Maria del Fiore insieme ai loro figli (i decani), in bassorilievi realizzati da Andrea Pisano, a testimoniare il rinato interesse astrologico nella Firenze del tempo. Qui tra gli altri riscontriamo un Mercurio che corrisponde a l’uomo del libro, in una postura simile all egizio Thot, dio dalla testa di scimmia e probabilmente ispirata al Qazwini, dove gli dei greci sono affrontati come potenze cosmiche, riferibili a modelli sia egizi che caldei. Infatti il Mercurio nel campanile di Santa Maria del Fiore, presenta curiose analogie con l’antica immagine del dio babilonese Nabu, patrono dell’astronomia.

Giove in trionfo in una miniatura rinascimentale.

Analogie con l’Ermes descritto nel manoscritto Qazwini si possono trovare ancora nel Capellone degli Spagnoli a Firenze, come pure negli affreschi degli Eremitani a Padova. Nei dipinti della cappella degli Spagnoli la corrispondenza dei pianeti con le arti liberali, simile a come viene presentata nel Convivio dantesco, dove a Mercurio corrisponderebbe la dialettica, avrà molteplici riprese, tra le quali, degne di nota, sono le illustrazioni dell’Epitre d’Othèa di Cristin de Pisan.

Anche nel capitello del Palazzo ducale, detto capitello dei pianeti, è riprodotto un Mercurio come dotto munito di libro. Questa immagine orientale di Ermes seduto con il libro aperto sarà per lo più evitata nel corso del rinascimento, a favore di una immagine più connessa al mito classico; basta considerare un opera come il Mercurio del Sansovino per la loggetta di Venezia, dove abbiamo l’associazione del dio con la testa di Argo.

In relazione a questo suo celebre mito, è pure l’immagine, che ritroviamo nelle Carte del Mantegna con il caduceo ed il flauto. Quest’ultimo è presente ancora nella raffigurazione del dio, che ne fa Baccio Bandinelli nel suo disegno Combattimento tra ratio e libido, inciso da Beatrizèt e si giustifica probabilmente nell’idea di esaltare le virtù artistiche degli astri-dei attraverso gli accessori simbolici.

Ancora nelle raffigurazioni dell’appartamento di Alessandro VI, realizzate dal Pinturicchio, abbiamo un Mercurio guerriero, cioè munito di spada, nell’atto di decapitare Argo con un evidente allusione ad un significato ermetico-filosofico.

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